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Giuseppe Toniolo

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Omelia del Card. Salvatore De Giorgi, Rappresentante del Santo Padre BENEDETTO XVI

BEATIFICAZIONE DEL VENERABILE GIUSEPPE TONIOLO Basilica papale di San Paolo - 29 aprile 2012
1 – Nella pienezza della gioia pasquale Gesù Risorto oggi si presenta a noi come il Buon Pastore innamorato del suo gregge, per il quale, crocifisso, ha sacrificato la vita, e al quale, risorto, la dona e la ridona in abbondanza.
E’ lui la pietra scartata dai costruttori, divenuta la pietra d’angolo.
Lo aveva preannunziato il salmista, come abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale.
Lo ha attestato a Pentecoste l’apostolo Pietro, che alla domanda del Sinedrio con quale potere o in quale nome è stato guarito il paralitico risponde deciso:”Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno”; manifesta pubblicamente la fede nella risurrezione:”voi lo avete crocifisso”, ma Dio “lo ha risuscitato dai morti”, e lancia alla storia la prima solenne dichiarazione dell’unicità e della universalità salvifica del Signore Gesù: “In nessun altro c’è salvezza: non v’è infatti sotto il cielo altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati”.Salvatore di tutti gli uomini, il buon Pastore chiama tutti alla salvezza: anche coloro che non provengono dal suo recinto, perché anch’essi ascoltino la sua voce e diventino un solo gregge e un solo pastore.

In realtà è in lui che il Padre nel suo grande amore chiama tutti a diventare suoi figli. E quanti lo siamo diventati realmente con il Battesimo – come ha precisato San Giovanni nella seconda lettura ci chiama a vivere da veri figli suoi, nell’attesa di essere pienamente “simili a lui” nella gloria eterna, dove “lo vedremo così com’egli è”.

2 – E’ questa la vocazione alla santità, traguardo di ogni altra vocazione nella Chiesa, dono della carità di Dio, come ci ha ricordato il Papa nel Messaggio dell’odierna Giornata di Preghiera per le vocazioni. E dono dell’amore di Dio all’Italia è stato il Prof. Giuseppe Toniolo. Grande dono pasquale di Cristo Risorto è la sua beatificazione.

Accogliamo, pertanto, con gioia l’invito del salmista, e rendiamo grazie al buon Pastore, che lo ha suscitato, e al suo Vicario in terra, Benedetto XVI, che lo ha dichiarato beato, presentandolo come esempio di padre di famiglia, di sapiente educatore dei giovani, di laico di Azione Cattolica, di testimone del Regno di Dio nel mondo della cultura, dell’economia e della politica.

Furono questi i luoghi privilegiati della sua missione e della sua santificazione, come cristiano laico, nel cuore della Chiesa e della società, con spirito profondamente vocazionale.

Egli era convinto, come poi ha precisato il Concilio Vaticano Il del quale può essere considerato un antesignano, che tutti indistintamente siamo chiamati alla santità, ossia “alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità nelle ordinarie condizioni e situazioni di vita”; che “tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano” (LG 40); che i laici si santificano nel mondo e per la santificazione del mondo, senza essere del mondo, attraverso l’esercizio del loro compito proprio: l’animazione cristiana delle realtà temporali (AA 7).

Ne era così convinto che non esitava di affermare: “Chi definitivamente recherà a salvamento la società presente non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”. Da qui la sua ferma decisione: “Voglio farmi santo”. E si dette un regolamento di vita spirituale e professionale, valorizzando i mezzi sempre attuali dell’ascetica cristiana: la preghiera, la meditazione, la Messa e la comunione quotidiana, la confessione frequente, l’esame di coscienza, la direzione spirituale, i ritiri mensili, gli esercizi spirituali annuali e la recita del Rosario, la cui festa segnò il suo passaggio al cielo. Un vero contemplativo dell’azione.

3 – Il radicarsi in Dio fu l’anima del suo impegno cristiano nella famiglia, sulla cattedra e nella società.

Sposato con Maria Schiratti e padre di sette figli, considerò la famiglia il luogo primario della sua santificazione e della sua missione. La sua fu una famiglia normale, inserita nella vita della parrocchia e aperta a quella della società, serena nell’affrontare le inevitabili difficoltà perché unita dalla forza del Vangelo che si leggeva insieme ogni mattina e animata dalla preghiera che si recitava insieme ogni sera. Una vera chiesa domestica. Un’affascinante testimonianza della dignità e della bellezza della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile e fedele di un uomo con una donna per una comunione di vita e di amore secondo il disegno di Dio, che non si può stravolgere senza sconvolgere la vita stessa della società.

Insigne professore universitario, sulle cattedre di Padova, di Modena e di Pisa, seppe essere non solo il maestro qualificato dei giovani studenti, ma soprattutto il loro amico ed educatore nella ricerca della verità.

Avvertiva già allora l’emergenza educativa per il clima universitario indifferente o ostile alle fondamentali istanze religiose e morali, come anche l’urgenza di una solida formazione culturale cristiana che preparasse le nuove generazioni ad affrontare le sfide del futuro. E sulla promozione della cultura impegnò i doni di una intelligenza non comune e di una lungimiranza quasi profetica, soprattutto circa la necessità, per il bene nel nostro Paese, di una presenza dei cattolici, nel sociale e nel politico, limpida, coerente, coraggiosa e unitaria, fondata sull’inscindibile rapporto tra fede e ragione.

4 – Convinto che la comunione, segreto della credibilità e dell’efficacia dell’apostolato, si costruisce con l’obbedienza, fu sempre fedele ai quattro Papi del suo tempo: li guardava con occhi di fede e li difendeva con amore di figlio.

Essi sapevano di poter contare su di lui, in un momento storico in cui l’unità dei cattolici, a causa della complessa questione romana, esigeva mediatori intelligenti e sicuri, costruttori di ponti e non di fossati, uomini di relazioni e di sintesi, come lui. E lui offrì la sua vasta e profonda cultura scientifica al loro Magistero, che accolse sempre docilmente, additandolo, soprattutto ai cattolici impegnati nel sociale e nel politico, come un punto di riferimento sicuro: sia per operare in modo competente e coerente, sia per evitare il rischio di essere strumentalizzati da quanti negano o combattono il Vangelo e i valori cristiani. I quali, – precisava il Beato – non sono in contrasto con gli autentici valori umani, ma ne sono l’espressione più piena: li confermano, li sostengono, li elevano e li promuovono, per la più efficace realizzazione del bene comune, fine preminente dell’azione sociale e politica.

Con questa fedeltà, mise a servizio del Movimento Cattolico, che egli voleva articolato ma unito, la sua altissima competenza di economista e di sociologo.

La Società della Gioventù Cattolica, primo nucleo dell’Azione Cattolica Italiana, la Fuci, l’Opera dei Congressi, l’Unione Cattolica per gli Studi sociali, l’Unione popolare, l’avvio delle Settimane Sociali ebbero in lui un eccellente ideatore, animatore, coordinatore di progetti culturali, sociali, politici cristianamente ispirati e di innovative strutture cattoliche pubbliche, come l’Università del Sacro Cuore.

5 – il prof. Toniolo, pertanto, si presenta a noi, come un italiano che ha amato e servito ia Chiesa e l’Italia, da cristiano e cittadino esemplare: è questa la vera laicità.

Si presenta a noi come uno di quei “cristiani con le braccia alzate verso Dio”, dei quali ha bisogno lo sviluppo integrale dell’uomo e della società, come il Papa ha auspicato nella Enciclica Caritas in Veritate (n.79), nella quale hanno trovato conferma e sviluppo non poche intuizioni innovative del Beato, come la centralità della persona nel mondo del lavoro, l’insopprimibile fondamento etico dell’economia, la rilevanza antropologica della questione sociale, l’importanza del Vangelo nella costruzione della società.

Alla vigilia dell’Anno della fede, è certamente uno dei testimoni che il Santo Padre ha indicato come coloro che “per fede, nel corso dei secoli, hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica” (Porta fidei 13).

6 – Questo è stato il B. Toniolo, e per questo parla ancora.

Con l’entusiasmo della fede mai stanca e sempre viva in Dio Creatore e Padre, con l’intenso rapporto con Gesù Risorto invocato “principio di risurrezione”, con la splendida testimonianza della vita interiore incarnata nella storia, con l’amore sincero alla Chiesa che considerava sua madre, con il prestigio morale della condotta privata e pubblica trasparente e irreprensibile, con l’indomito coraggio di essere e di dirsi cristiano in un contesto di aggressivo laicismo, il nuovo Beato ci esorta a riscoprire il fascino di appartenere al gregge del buon Pastore, l’ansia di conoscerlo ascoltando la sua parola garantita dal Magistero da lui voluto, la gioia di rimanere in lui con la grazia dei sacramenti, la felicità di amarlo osservando i suoi comandamenti, garanzie sicure del vivere sociale.

Ci esorta in particolare a impegnarci con fiducia nella nuova evangelizzazione della quale la Dottrina sociale è parte integrante, e di renderla credibile con la testimonianza di una vita coerente con la fede, illuminata dalla verità, sorretta dalla speranza, amante della giustizia e animata dalla carità.

E’ questa la via della santità che conduce al possesso della gioia eterna, che ora l’Eucaristia ci fa pregustare e nella quale, come ci ha ricordato la preghiera colletta, il buon Pastore ci ha preceduti e, insieme al nuovo Beato, ci attende tutti fra le braccia del suo amore.